giovedì 7 novembre 2013

Carter e la sconvolgente descrizione della realtà e della vita attraverso la fotografia.

Kevin Carter è il fotografo sudafricano al quale appartiene la famosissima immagine di una bambina stremata dalla fame in Sudan (Africa) mentre viene seguita da un avvoltoio.
Con questa foto è riuscito a vincere il Premio Pulitzer nel 1993.
Il Sig. Carter nacque a Johannesburg il 13 Settembre 1960, iniziò la sua attività di fotografo entrando nell'ambiente della fotografia sportiva nel 1983 ma poco dopo decise di trasferirsi sui fronti di lotta politica in Sud Africa. Qui registrò per i quotidiani diverse immagini di repressione riguardo la protesta anti-apartheid e sulla violenza fratricida; successivamente intraprese la carriera da fotografo freelance.
Egli fu arrestato diverse volte per aver violato il divieto sudafricano sulla segnalazione del conflitto interno.

Una vita vicina al confine.
Dopo aver passato diverso tempo a documentare la situazione sudafricana, decise di intraprendere una nuova strada. La scelta che fece fu quella di recarsi in Sudan meridionale per fotografare la guerra civile e la carestia, la quale portò allo stremo il popolo sudanese.
Alcune delle sue foto scattate durante questa sua nuova avventura vengono pubblicate addirittura sul New York Times, sul The Mail, sul Guardian ed in un settimanale di Johannesburg. L'immagine che fece più scalpore e che lasciò molti senza parole ritrae una bambina africana crollata, accasciata al suolo sulla a causa della fame e della mancanza di forze, sullo sfondo invece notiamo un avvoltoio appostato in attesa della morte della piccola bambina. Questa foto più tardi verrà inserita in molte altre pubblicazioni e riportata come vera metafora della disperazione dell'Africa. 

Tale immagine fu premiata con la vittoria del Pulitzer prime. Riguardo ad essa Carter ha rilasciato una dichiarazione nella quale ha detto che successivamente allo scatto ha portato la bambina in un centro per l'alimentazione e che poi è riuscito dunque a scacciare l'avvoltoio, almeno in quel caso.


Pochi giorni dopo la vittoria del premio, fu annunciato al signor Carter la scomparsa di una delle persone a lui più care, ovvero dell'amico collega Ken Oosterbroek. Egli fu ucciso mentre era a fotografare uno scontro a fuoco in Tokoza.

Amici e conoscenti di Kevin Carter hanno riferito come fosse un uomo dalle forti emozioni, spesso tumultuose; un uomo che aveva un'enorme passione per il suo lavoro e che anche lui arrivava agli estremi di euforia e depressione. Ha spesso detto alla gente che se non fosse diventato un fotografo sarebbe voluto diventare un pilota automobilistico, perché gli piaceva vivere vicino al confine.

L'orrore del lavoro
In seguito al suo viaggio in Sudan, Carter ha raccontato ad un giornalista che lo intervistava che ci sono stati periodi dove si è seduto a lungo sotto un albero a piangere e a fumare perché, per molto tempo si è portato con se il fardello dell'orrore che aveva visto e che aveva fotografato.

Nella notte del 27 luglio 1994, all'età di 33 anni, Kevin Carter fu trovato morto suicida. Lasciò così i genitori, la moglie, una figlia di 6 anni e due sorelle.

Questo atto tragico, disperato da parte del fotografo si pensa che sia stato causato da un peso troppo difficile per lui da sopportare, in quanto quella realtà che aveva visto e documentato così bene attraverso la macchina fotografica, si è rivelata realmente e tragicamente come un qualcosa che lo aveva ormai segnato per sempre.

domenica 13 gennaio 2013

Riflettere sull'uomo e sulla società. Un anno dopo il naufragio della Costa Concordia

Nave Costa Concordia naufragata sulla costa est dell'isola del Giglio
13 gennagio 2013.
1 anno dal naufragio della Costa Concordia.

Un'occasione per riflettere, ancora una volta, sulle colpe che l'uomo ha avuto.

La colpa del comandante, sul disastro della nave, è quasi totale.

Ancora oggi, e come fu anche nell'altro grande disastro marittimo del Titanic 101 anni fa, i vari errori delle persone sono rimasti come uniche cause di queste disgrazie.


Allora su questo pongo una riflessione: Siamo arrivati al progresso della società grazie all'intelletto umano, alle nostre sapienze, alle nostre intuizioni e al nostro talento, ma spesso abbiamo dovuto imparare anche dai nostri errori per far si che certe cose non succedessero più, e così siamo cresciuti sotto certi aspetti, ma non ancora in tutto.
Adesso tutto è quasi possibile, in futuro forse tutto sarà possibile; ma come la storia ci ha insegnato siamo uomini e quindi non siamo infallibili, anche se abbiamo a disposizione gli ultimi ritrovati tecnologici; vedi infatti l'esempio del Titanic nei primi anni del ventesimo secolo e vedi l'esempio della Concordia nel 2012.
Questa nostra società ci sta dicendo che siamo uomini capaci di tutto e che possiamo prenderci qualsiasi libertà, ma la libertà e il progresso non possono essere visti come l'unica e solenne cosa; tutti e due questi aspetti sono importantissimi è vero, ma noi uomini non dobbiamo mai dimenticarci qual'è la nostra natura e non dobbiamo tentare di andare a demolire quelli che sono i pilastri e i valori che hanno fondato la nostra società, altrimenti essa poi si rivelerà instabile e alla fine crollerà.

Il progresso deve avanzare senza però arrivare all'eccesso perché quello poi rivolgerà l'uomo contro se stesso, contro la propria natura.

Tale riflessione si riferisce a tutti gli ambiti, siano essi tecnologici, sociali, politici, scientifici, religiosi ecc... tutti.